Farah ‘contro’ Gebrselassie: tutto in un’ora

03 Settembre 2020

A Bruxelles in Diamond League il tentativo di Mo: superare il record dell’ora dell'etiope (21.285 metri). Storia di un primato che fu di Nurmi e Zatopek

di Giorgio Cimbrico

L’ora si corre raramente ma la cronologia del record del mondo è una galleria di uomini illustri che hanno scandito, dopo il primo caposaldo costruito da Alf Shrubb nel 1904 (18.742 metri) l’abbattimento di almeno tre barriere.

La prima, quella dei 19, venne attraversata per 21 metri da Jean Bouin a Stoccolma, sulla stessa pista che un anno prima aveva visto il marsigliese cedere, per un decimo, a Hannes Kolehmainen in una finale olimpica dei 5000 memorabile, capace di dare una violenta svolta alla distanza: record mondiale migliorato di ventiquattro secondi. Bouin sarebbe caduto nel primo autunno di guerra e il suo record avrebbe tenuto sino al 1928 quando Paavo Nurmi decise di arricchire la sua collezione: a Berlino, nell’ottobre del ’28, il Taciturno chiuse a quota 19.210 lasciando il suo avversario più pericoloso, il tedesco Hermann Husen, a 999 metri.

Diciassette anni dopo, nella città natale di Nurmi, Turku, il suo connazionale Viljo Heino diede una prima scossa, 19.339, ma toccò alla “locomotiva umana” Emil Zatopek dare nuove dimensioni. Nella parentesi breve di due settimane l’Infaticabile catturò il record ai campionati militari a Praga, sulla collina di Strahov, lasciandosi alle spalle 19.558 metri, ma non ancora soddisfatto scelse l’amata pista di Stara Boleslav e il 29 settembre 1951 passò per 52 metri oltre i 20 km raccogliendo lungo la strada anche i record delle 10 miglia e dei 20 km.

Il record di Emil tenne dodici anni. A impadronirsene fu il neozelandese, allievo di Arthur Lydiard, Bill Baillie: quei 20.190 furono accolti con un certa sorpresa. Nel ’65, a Geelong, cittadina dello stato di Victoria, Ron Clarke aggiunse un segmento di 42 metri: 20.232. Prima che il limite venisse sottoposto a due violenti miglioramenti ad opera dell’ex-siepista Gaston Roelants: 20.664 nella sua Lovanio nel ’66, 20.784 nel ’72 proprio nel teatro del tentativo di Mo Farah, l’Heysel.

Il pieno degli anni Settanta è il regno di Jos (Josephus all’anagrafe) Hermens che sceglie l’anello di Papendal per provare a forzare il muro dei 21 km. Gli resiste due volte: 20.907 nel ’75, 20.944 l’anno dopo. Toccherà al messicano Arturo Barrios, allora primatista mondiale dei 10.000, essere il primo a farcela: 21.101, praticamente una mezza maratona, in sessanta minuti a La Fleche, Francia. È il 3 marzo 1991 e il limite di Arturo terrà per 16 anni abbondanti, sino al 21.285 di Haile Gebrselassie. Data, 27 giugno 2007; luogo, il Mestsky Stadion di Ostrava. Gebre ebbe l’aiuto di Guta e di Korir, passò i 10.000 in 28:11 e i 20.000 in 56:26, anche questo un record mondiale.

Le vicende dell’ora femminile hanno una storia più limitata e il primo record ufficiale venne centrato da un’azzurra, Silvana Cruciata, 18.084, a Roma il 2 maggio 1981. Dopo diciassette anni la keniana Tegla Loroupe lo portò a 18.340 e dopo altre dieci stagioni, nel 2008, a Ostrava, l’etiope Dire Tune allungò sino a 18.517.

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