Adolfo Consolini, l’insuperabile

31 Marzo 2020

LÒRIGA STORY - Il viaggio tra gli olimpionici azzurri prosegue con il discobolo-simbolo: l’oro di Londra 1948, le due Olimpiadi mancate, il giuramento a Roma ’60 e l’unica volta che perse la pazienza...

I miei ricordi - Avendo conosciuto personalmente gli olimpionici dell'atletica italiana ve li ricordo, con particolari talora inediti delle loro carriere. Vanni Lòriga

Torino, Stadio Mussolini, 14 settembre 1940, ore 15.30: luogo, data ed ora in cui vidi per la prima volta in azione Adolfo Consolini. Si trattava dell’incontro di atletica Italia-Germania, il primo a cui abbia assistito. In quella occasione conobbi anche il giovane velocista Carlo Monti di cui parlo al termine di questa mia memoria. Consolini mi era noto da alcuni anni, almeno dal 1938 quando si era classificato quinto agli Europei di Parigi che videro Oberweger fallire l’oro per pochi centimetri. 

Il giro di valzer di Giorgio Oberweger
Conobbi entrambi personalmente nel maggio del 1948. Si allenavano allo Stadio delle Terme in Roma (esiste una foto storica in cui “Ober” insegna il “primo giro di valzer”) e mi furono presentati da un altro grande del disco, il maresciallo dei Corazzieri Giuseppe Tosi, allora tesserato per il CUS Roma, società in cui militavo come marciatore.

Oberweger, Tosi e Consolini: campionissimi senza confini
Dimostrarono di meritare questo endecasillabo (vagamente dantesco) pochi mesi dopo a Londra. Alla gara partecipa, accanto a “Dolfo” e a “Beppone”, anche Giorgio, che in quei Giochi ricopre gli incarichi di DT e di membro della IAAF per la marcia. Nella fase di qualificazione (richiesti 48 metri) svetta subito Consolini con il record olimpico di 51,08 seguito da Tosi con 50,56. “Ober” si batte bene ma si ferma a 43,13. Tre discoboli italiani in lizza? Per l’esattezza erano addirittura in quattro perché lo jugoslavo Danilo Zerjal si era formato in Italia, con il nome di Cereali, terzo agli Assoluti del 1940 e anche azzurro. 

Doppietta azzurra e podio in 2 metri
La finale del 2 agosto (pioggia battente e pedana scivolosa) per l’Italia è grandiosa: parte forte Tosi con il record olimpico di 51,78; replica Consolini che lancia un metro esatto più lontano (52,78) mentre lo statunitense Gordien è terzo, un metro più indietro (50,77). Nessun altro supera i 50 metri.

La gara ci esalta per la radiocronaca di Vittorio Veltroni. Mi rassegno in attesa che venga proiettato il film ufficiale. Ma si deve attendere a lungo perché “The Glory of Sport” del regista Castleton Knight prodotto dalla The Rank Organisation giunga da noi. Passa il tempo e solo nei primi mesi del 1949 arriva sugli schermi italiani. Grande la delusione: il film è in Technicolor e a Consolini viene riservato un solo lancio, per di più in bianco e nero! Ci resto male ma alla fine scoprirò quello che è successo. La Commissione di censura aveva bocciato il film in quanto “manca una adeguata documentazione della partecipazione italiana e delle sue notevoli affermazioni”. 

Giulio Andreotti censura il film ufficiale


Nella pellicola non si faceva inizialmente cenno alle 13 vittorie italiane e il presidente della Commissione, che era semplicemente Giulio Andreotti, decretò il veto alla proiezione nelle sale italiane, temendo reazioni del pubblico. Si mise una pezza (questa volta non a colore ma in bianco e nero) con spezzoni girati chissà da chi; suppongo dal nostro Fracchia.

Adolfo inventa il lancio sul bus
Quel 1949 resta però per me un anno indimenticabile. Partecipo alle finalissime del campionato di società rappresentando il CUS Roma nei 10 chilometri di marcia. Arrivo stremato e al momento di risalire sull’autobus che ci riporta alla foresteria di Villa Fabbricotti (niente albergo e tanto meno taxi) non ho la forza di salire a bordo. Tosi mi toglie di mano il borsone e Consolini con adeguata spinta sui glutei mi spinge dentro.

Da Melbourne a Roma
Nel 1952, in servizio militare di prima nomina, debbo accontentarmi delle cronache radiofoniche e giornalistiche. Ad Helsinki, Adolfo è secondo dietro Iness. Nel 1956 a Melbourne invece viviamo praticamente insieme per tre settimane. Si colloca al sesto posto nella gara che saluta il primo dei quattro titoli olimpici consecutivi di Alfred Adolph Al Oerter, quasi un passaggio di consegne. Il nostro Adolfo aveva un problema alla mano ma ha sempre dichiarato che fosse ininfluente. Tale non era.

Ai Giochi di Roma fu il protagonista della cerimonia di apertura, pronunciando il giuramento degli atleti. Un momento commovente che fu magistralmente raccontato da Antonio Ghirelli: “Consolini, vecchio ragazzo quarantenne, gridava come poteva la passione senza tramonto. Era un contadino del Veneto che aveva imparato a girare il mondo, portandosi dietro come bagaglio un sorriso, un disco, una bandiera da sventolare al sole ed alla pioggia. Consolini gridava il giuramento olimpico con la sua anima di fanciullo. Era l’atletica leggera italiana, lo sport umile, la francescana pazzia dei lanci, delle corse, dei salti, dei primati, dei viaggi in terza classe, dei piccoli alberghi, delle cartoline agli amici... per un incredibile miracolo ora questa pazzia, questo sport povero, questa atletica semplice celebrava la gloria di Pindaro”. Non si poteva ricreare meglio nel lettore quel momento magico e nessuno avrebbe potuto dare un migliore profilo di Adolfo Consolini di quella del Maestro Roberto Luigi Quercetani: “Consolini merita di essere considerato il più grande atleta italiano di tutti tempi. E anche per qualità di carattere fu di esempio a molti”.

Senza due Olimpiadi
La biografia dell’“Insuperabile” Adolfo Consolini può e deve essere letta su questo sito federale. Aggiungo soltanto che per i noti motivi bellici perse due edizioni dei Giochi Olimpici proprio quando (1940-1944) era il più forte del mondo. Come al solito si potrebbero scrivere altre meravigliose storie di cui fu protagonista. Mi piace ricordare che la sua società era la Pirelli. 

Perdere la pazienza (per una volta)


Aggiungo soltanto che lui fu definito il Gigante buono; che Papà lo chiamavano gli atleti più giovani e che era un Maciste che non perdeva mai la pazienza. Ma una volta anche lui si irritò. Lo storico evento ci viene raccontato da Carlo Monti e chiude questa mia pagina di ricordi. Luglio 1948. Dopo l’incontro Italia-Svizzera a Firenze tutti i convocati per Londra vengono radunati in allenamento collegiale a Perugia. Consolini e Monti si ritrovano compagni di stanza. Primo pomeriggio con caldo in aumento, fase di riposo, dopo il pranzo e prima del secondo allenamento della giornata.

Consolini vorrebbe riposare, Monti, già in clima gara, noto rompiscatole, come quasi tutti i velocisti, lo stuzzica lanciandogli un paio di volte un cuscino, senza nessun motivo, se non quello di disturbare, approfittando della nota mitezza del campione. Consolini fa finta di niente, finché perde la pazienza, prende il cuscino e lo rimanda al mittente, che lo riceve sul collo. “Ho capito in quel momento che cosa significa avere a che fare con un discobolo. Mi è venuto il torcicollo, ma non potevo raccontare la verità. Quando Oberweger ha visto al campo che mi muovevo con il collo storto, ho dovuto spiegargli che avevo preso un colpo d’aria, ma che si trattava di poca cosa. E qui ho capito la grandezza e la bontà di Consolini. Invece di sistemarmi del tutto, come avrei meritato, in camera, per due giorni, ha insistito con gli impacchi, finché tutto è passato. Ma a chiedergli scusa sono stato io. Ed è stato giusto così”.

ADOLFO CONSOLINI
Nato a Costermano (Verona) il 5 gennaio 1917 e scomparso a Milano il 20 dicembre 1969
Presenze in Nazionale: 50
Campione olimpico del disco a Londra 1948, argento a Helsinki 1952 
La scheda su fidal.it

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Adolfo Consolini e il giuramento degli atleti a Roma 1960


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