Europei di cross, l'Italia in cerca di conferme



La storia è cambiata - forse - un anno fa, a San Giorgio su Legnano, dintorni di Milano, piazza nota al popolo dell'atletica soprattutto per il tradizionale appuntamento con il Campaccio. Quel giorno di dicembre, era domenica 10 per la precisione, San Giorgio ospito l'Europeo di cross: ed il mezzofondo azzurro mise a segno più colpi di quanti ne avesse ottenuti nell'intera storia della manifestazione; collezionando, in poche ore, ben cinque medaglie (anche se, ad onor del vero, tutte nelle categorie giovanili). Quel che si può definire, senza timore di smentita, una vera e propria inversione di tendenza. Già, perché nella rassegna l'Italia non ha mai brillato particolarmente. Se si toglie dal computo l'oro di squadra centrato dagli uomini a Ferrara 1998, e l'argento (sempre ad opera dei senior) di Heringsdorf 2004, a livello assoluto non siamo mai più saliti sul podio. Nelle prove individuali, il miglior piazzamento resta il quarto posto di Gabriele De Nard a Thun 2001, mentre le donne non sono mai riuscite ad entrare nelle prime otto (i noni posti di Sabrina Varrone e di Patrizia Tisi raccolti rispettivamente nel 1997 e nel 2004 sono l'apice della presenza italiana). E, tra i giovani, il bronzo di Stefano Scaini nel 2001 e quello della squadra nel 2002 erano state le uniche due occasioni di far salire il tricolore su uno qualunque dei pennoni durante una cerimonia di premiazione. Poca roba, insomma. Poi, San Giorgio su Legnano: oro con lo junior Andrea Lalli e la squadra maschile nella stessa categoria; bronzo tra gli Under 23 con Daniele Meucci e argento con la squadra maschile; bronzo con la squadra donne Under 23 (con il quinto posto di Adelina de Soccio tra le Under 23, miglior piazzamento di una donna italiana nella manifestazione). Una pioggia di successi, coronata dal secondo posto nel medagliere assoluto (alle spalle della Gran Bretagna). Ma se salire può essere difficile, confermarsi lo è, se possibile, ancora di più. Il vecchio adagio si applica perfettamente all'atletica. Ed allora, la prova di domani mattina a Toro (quattordicesima edizione, prima volta in Spagna) sarà utile per ccercare di capire se, e quanto, la crescita del cross azzurro si sia consolidata dopo quella giornata. Un interrogativo importante per la corsa di resistenza tricolore, da qualche mese indiziata di una vera e propria rinascita. E sì che la campestre, va ricordato, è una specialità che non ci ha mai visto protagonisti assoluti: anche nel passato glorioso, quando mietevamo successi ad ogni livello in pista e su strada (con la generazione dei Cova, Panetta, Mei, Antibo, Bordin), ma il cross restava - seppure nel più complesso agone mondiale, l'unico esistente in quel tempo - sempre e comunque un ostacolo insormontabile. L'Europeo, che prese il via nel 1994, ha parlato sempre poco italiano. Il medagliere generale ci vede al decimo posto, con un complesso di nove medaglie: tre ori, due argenti e quattro bronzi. Anni luce dalla Gran Bretagna (41 podi), dal Portogallo (36), o dalla Francia (35). Ma superati anche da Turchia, Ungheria, Romania (per non dire dell'Ucraina, che principalmente grazie a Lebid ha scalato le vette fino alla quinta posizione). L'esame statistico dell'intero Europeo di cross ci permette di prendere in considerazione anche le tendenze delle squadre azzurre: significativa quella degli junior uomini, in progressione continua dal 2003 (undicesimi; poi quinti, quarti e infine primi), così come quella delle donne, in crescita da tre edizioni (undicesime, decime, seste), seppure ancora lontane dal vertice. Risalta anche la curiosa conferma ai piedi del podio della formazione assoluta maschile: per ben sei volte, in tredici edizioni, è finita al quarto posto. Non c'è che dire: accanto all'oro di Ferrara e all'argetno di Heringsdorf, una bella collezione di medaglie di legno. Marco Sicari Nella foto, quattro dei giovani azzurri ripresi nella vigilia dell'impegno a Toro (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL)


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