Doha... Lyles: sarà l'uomo del Mondiale?

24 Settembre 2019

Il fenomenale sprinter americano è tra i più attesi della rassegna iridata in Qatar: quarto di sempre nei 200 con il 19.50 di luglio a Losanna, può essere il momento della consacrazione

di Giorgio Cimbrico

Ai Mondiali under 20 di Bydgoszcz 2016, un 19enne Noah Lyles lasciò un 18enne Filippo Tortu a sette centesimi. L’esuberante di Gainesville, Florida, aveva scelto i 100, lasciando i 200 a chi di lì a poco sarebbe salito alla ribalta, Michael Norman che qualcuno si è divertito ad affiancare a Tiger Woods: padre afroamericano, madre orientale. Cocktail perfetto.

Noah è un altro tipo di prodotto genetico, nato da due buoni atleti che ne hanno generato uno del loro livello, Josephus, e uno formidabile, al fulmicotone, per di più oggi animato da forti ambizioni: a parte quel titolo conquistato a spese di Pippo (e il bis nella 4x100), Noah non ha ancora vinto niente di rilevante, a parte qualche appuntamento di Diamond League che, non c’è dubbio arricchiscono il curriculum, ma corone, zero: quarto ai Trials del 2016, infortunato e assente a Londra 2017. Decisamente un raccolto arido per chi, in un paio di occasioni, era stato giudicato Giovane dell’Anno dagli esperti di Track and Field News.

Dotato di una coordinazione che gli viene da un’infanzia di ginnasta e di una forza ascensionale che gli ha permesso di improvvisare 2,03 oltre a qualche salto mortale dopo la linea del traguardo (abitudine di recente abbandonata), Noah ha acceso la sua miccia l’anno scorso - in cui ha perso il viaggio a Birmingham per i Mondiali indoor dopo un promettente 6.57 in batteria - quando ha finito per eguagliare uno dei tanti record di Usain Bolt, risalente alla sua stagione delle stagioni, il 2009: quattro risultati sotto i 19.70 nell’arco dell’annata, con due picchi a 19.65 a Montecarlo e a Losanna che gli hanno permesso di entrare nella galleria dei dieci più grandi della storia. Il fuoco alle polveri ha riguardato anche la distanza breve: 9.89 e 9.88 in un paio d’ore ai campionati americani, uno di quei “double” che pochi si possono permettere.

Quest’anno, dopo l’esordio “monstre” di Shanghai (9.86, mettendo in fila le prime schiere, a cominciare da Christian Coleman, con una seconda parte strabiliante), era stato tentato di provare la doppietta mondiale ma la sconfitta di Roma (19.70 Norman, 19.72 lui, tempo significativo nel Golden Gala intitolato a Pietro e quarta miglior prestazione perdente della storia) lo ha consigliato a puntar dritto su una sola preda.

L’eccellente pista della Pontaise, a Losanna, lo ha proiettato in un’ennesima dimensione: 19.50, quarto di sempre alle spalle di Bolt 19.19, Yohan Blake 19.26, Michael Johnson 19.32, strappando il record di Athletissima, 19.58, al Lampo. A seguire 19.78 ai Trials di Des Moines, Iowa, 19.65 a Parigi Charlety, 19.74 nella finale Diamond League di Bruxelles. Nella prima, a Zurigo, si era impadronito anche del diamante dei 100 scendendo ancora sotto i 10 secondi e costringendo Justin Gatlin a grippare.

A parte l’incespico dell’Olimpico (se tale può esser definito…), una stagione esemplare che procede verso il coronamento: con Norman concentrato soltanto sui 400 metri, il vantaggio sul suo avversario più consistente, l’azero-turco Ramil Guliyev, è misurabile in 36 centesimi. Chi gli è più vicino, il nigeriano Divine Oduduru, 19.73, non ha confermato neppure alla lontana gli improvvisi acuti della stagione primaverile americana.

Senza considerare che Lyles è un predestinato, membro di quella tribù dal nome breve, da titoli si diceva una volta: Owens, Hary, Hayes, Hines, Smith, Lewis, Surin, Cason, Dix, Blake, Gay, Bolt. Poche lettere, pronunciate in velocità.

VIDEO | IL 19.50 DI NOAH LYLES A LOSANNA NEI 200 METRI

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