A Malaga la prima da solo per Claudio Licciardello



Si esprime con proprietà di linguaggio, supera in scioltezza le insidie - spesso fatali ai suoi colleghi - poste dai congiuntivi. E corre veloce, come pochi sono stati capaci di fare in passato in Italia sui 400 metri. Claudio Licciardello ha vent'anni e mezzo, è catanese (di Giarre), ed è uno degli uomini più attesi nella formazione italiana impegnata a Malaga, domani e giovedì, nella finale di Coppa Europa. Farà il suo esordio in una prova individuale di una grande manifestazione, dopo le frazioni di staffetta corse lo scorso anno in Coppa Europa e ai Mondiali di Helsinki. "E’ davvero una bella sensazione. Alla Coppa tengo parecchio, mi era già accaduto di esserci lo scorso anno, a Firenze: quello fu il mio esordio assoluto in azzurro, quanta emozione!". Ora però deve correre anche la gara individuale. "Già, e fino a poco tempo fa non credevo di doverlo fare. Dopo il 46.41 di Valencia, per intenderci, pensavo che questo compito sarebbe toccato ad altri. Ma poi, dopo il 45.59 di Ginevra, la maglia azzurra di individualista è finita sulle mie spalle. Un grande onore, che mi piace condividere con tutti gli altri componenti la squadra: qui lo siamo davvero, uniti, tutti per un solo scopo. E’ diverso dalle altre manifestazioni, quando ognuno pensa un po’ per sé". Da 46.41 a 45.59: niente male come miglioramento. "Sì, davvero un gran balzo in avanti. Ma non è frutto dell’improvvisazione. Abbiamo lavorato sodo, con il mio allenatore, il professor Filippo Di Mulo. L’inverno è passato con carichi di lavoro molto intensi, anche con lavori ripetuti su distanze lunghe, che non avevo mai sperimentato prima, essendo così giovane. Ora, certo, è arrivato anche il momento di fare della velocità, ed infatti adesso ci stiamo concentrando proprio su questo. Ma credo che mi porterò in dote questa mole di allenamento: i turni, per dirla tutta, non mi spaventano più". Tra gli avversari di Coppa c’è anche qualche nome di rilievo: che cosa ritiene di poter fare domani a Malaga? "Mah, non mi piace fare proclami, però, guardando ai tempi di iscrizione, probabilmente posso giocarmela con gli altri. E questo credo sia già un fatto importante". Si parla molto anche delle sue chances di superare il record di Zuliani, il 45.26 di Roma 1981. "E’ vero, se ne parla, a mio parere anche troppo. Migliorare ancora non sarà facile, anzi. Me lo dicono in molti, e io ci credo: adesso viene il difficile. Scendere da 46.41 a 45.59 è stato relativamente semplice, ma limare altri tre decimi sarà un’impresa. Io non voglio pensarci, preferisco proseguire sulla strada che abbiamo percorso finora con Di Mulo: lavorare, costruire giorno per giorno un risultato. Ho solo vent’anni, c’è tempo per pensare ai record". Si parla anche di un altro record, quello della 4x400. "E anche in questo caso, forse, se ne parla troppo. Per correre in 3:01 dovremo tutti avvicinare, o addirittura superare, i nostri limiti. Perché accada a quattro persone contemporaneamente devono combinarsi tanti fattori. Certo però è che io, a questa staffetta credo molto. Andrea Barberi è una sicurezza, un grande atleta, e se anche Andrew Howe ci darà una mano, come sembra, in futuro potremmo anche riuscire a toglierci grandi soddisfazioni". Lei è molto prudente. Non sembra che abbia vent’anni. "Ma nello sport contano solo i fatti. Io, ripeto, preferisco far parlare quelli, senza passare per quello che non sono, ovvero uno spaccone". Il suo allenatore, Filippo Di Mulo, sembra svolgere un ruolo molto importante nel modo in cui lei approccia l’atletica. "Lo considero un grande, un maestro. Abbiamo un rapporto molto intenso, ci confrontiamo di continuo sulle cose da fare, e lui non cerca di imporsi, preferisce la strada del dialogo, della condivisione. Il nostro è un gruppo fenomenale: con me, al campo del Cus, si allenano anche Scuderi, Cavallaro, Rao, La Mastra. Quando ero più piccolo, per me era come un sogno allenarmi con loro, condividere le loro esperienze. Per questo, con il mio primo allenatore, Filippo Polisano, il distacco è stato morbido". Lasciamo perdere l’atletica, per un momento. Parliamo di Claudio com’è fuori dalla pista e senza scarpette chiodate. "Sono davvero un ragazzo come tanti. Mi sono diplomato al Liceo Scientifico, e poi mi sono iscritto all’Università, a Lingue, ma poi ho scelto di lasciar perdere, per dedicarmi completamente all’atletica. Mio padre è stato carabiniere, mia madre è casalinga, vivo a Giarre ma adesso sto cercando casa a Catania, perché ogni giorno devo fare troppi chilometri. Sono l’ultimo di quattro figli: Nadia, avvocato; Salvatore, ufficiale dell’Esercito; Alessandro, architetto. La mia ragazza si chiama Jessica, e studia Scienze Politiche". Complimenti per la sintesi. "Mi piace essere concreto". Marco Sicari Nella foto d'archivio, Claudio Licciardello (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL)


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