50 anni senza Giosuè Poli, il capitano

04 Aprile 2019

Un'idea romantica e razionale dell'atletica: il 5 aprile ricorre il cinquantesimo anniversario della scomparsa del dirigente che fu presidente FIDAL dal 1961 al 1969. Un convegno a Molfetta per ricordarlo.

di Giorgio Cimbrico

C’era chi lo chiamava il Capitano, chi aveva di lui l’immagine del vecchio gentiluomo del Sud e chi, da vecchio amico e conterraneo, ne disegnò gli entusiasmi sempre legati a un atteggiamento di ferma volontà. “Rimane un mistero come ci riuscì, ma scovò un carico di carbonella e io lo trovai al campo, intento a spianarla e a disegnare le corsie”, scrisse Ignazio Lojacono, a lungo presidente del Cusi, ricordando quel giorno della primavera del 1945 quando Giosuè Poli, in un paese ancora devastato e occupato, decise che i campionati regionali di Puglia dovevano rinascere a Molfetta. Tra la volontà e la realizzazione il passo fu breve e grazie all’aiuto di Lojacono è anche possibile conoscere il costo di quel pomeriggio: 10.000 lire.

Poli è scomparso cinquant’anni fa, dopo la sua terza elezione a presidente della Fidal: la bara finì sulle spalle di Gentile, Frinolli, Berruti, Morale, De Palmas e Pamich. E proprio alla vittoria del marciatore fiumano è legata la testimonianza di chi, al termine di quel 1969, sarebbe diventato il suo successore, Primo Nebiolo.

È il racconto di un pomeriggio livido e piovoso, lontano un’era dal tempo nostro delle notizie che arrivano in contemporanea, martellanti. Là, su quella tribuna dello Stadio Nazionale di Tokyo, dominava l’attesa, accompagnata da brandelli di quel che stava capitando su quelle strade lucide di pioggia. Sino a quando dal boccaporto sbucò un atleta e Poli pronunciò in un soffio “È nostro” e l’emozione, racconta Nebiolo, lo fece capitombolare all’indietro, giusto un attimo, prima che orgoglio e compostezza ritrovassero la giusta misura in quell’uomo alto, dal tratto elegante quanto la sua prosa, rintracciabile negli editoriali che stendeva per Atletica.

Poli era nato nel 1903, si era diplomato capitan di lungo corso all’Accademia di Livorno (Patria e Onore, il motto), aveva abbracciato lo sport con modalità ecumeniche praticando calcio e nuoto e finendo per trovare l’atletica nella sua forma più totale: nel decathlon finì secondo ai campionati italiani del 1926.

Consigliere della federazione calcio, vicepresidente di quella che al tempo si chiamava federazione di atletica pesante, partecipò nel dopoguerra al “rinascimento” voluto e interpretato da Bruno Zauli. Per due volte vicepresidente, ebbe i gradi di responsabile della squadra azzurra ai Giochi di Roma 1960 guidando il gruppo che produsse il trionfo di Livio Berruti, le mai più uguagliate volate di Giuseppina Leone, la prima salita al podio di Abdon Pamich.

Poco più di un anno dopo, l’elezione alla presidenza (che si sarebbe spinta sin oltre i giorni di tuono di Messico), sempre nel segno di un’idea, romantica e razionale, “di un’Atletica in sé, oltre i personalismi più o meno creduti fondati, oltre il tempo e le persone che passano”, formulando così una categoria filosofica ma, di pari passo, mai dimenticando l’energia da calare sul territorio e nel mondo dell’associazionismo. L’immagine della semina e del raccolto, che usò poco prima della morte, nei giorni della promozione dei Giochi della Gioventù, riassume il suo pensiero generoso, la sua capacità di analisi.

Venerdì 5 aprile a Molfetta (Bari), nel cinquantesimo anniversario della scomparsa, si svolgerà il convegno “Giosuè Poli: l’uomo, la vita, lo sport”. Tra i relatori il presidente onorario FIDAL Gianni Gola e Giuseppe Gentile, medaglia di bronzo nel triplo alle Olimpiadi del ’68, insieme a Angelo Giliberto, presidente CONI Puglia, e Giacomo Leone, presidente FIDAL Puglia, con l’intervento di Vera Poli, figlia di Giosuè. Inizio alle ore 17.30 nella sala consiliare comunale, organizza il Panathlon Club Molfetta.

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