2016: il giro del mondo in 365 giorni

30 Dicembre 2016

Tra scintillanti medaglie olimpiche e incredibili record del mondo, le star dell'atletica internazionale che hanno illuminato l'ultima stagione

di Marco Buccellato

UNO DI NOI, UNO DI TUTTI - Prima o poi l'atletica e il suo pubblico dovranno recidere la propaggine che li avvinghia a Usain Bolt. Sarà a fine Mondiali 2017, ma intanto, chapeau, standing ovation per il più grande atleta del XXI secolo. La terza tripletta olimpica gli è valsa il record dei record: corone e medaglie, che nel firmamento dello sport sono, fino a prova contraria, inattaccabili. I record non lo sono altrettanto, ma quelli di Bolt forse sì. Un pensierino al record sui 200 metri l'aveva fatto pure lui, ma la pioggia l'ha riportato, si fa per dire, alla corte dell'uomo "normale" (19.78...). Dopo aver sepolto le ambizioni di vittoria di Justin Gatlin sui 100 metri, in maniera assai più netta che al Mondiale di Pechino, dove un po' tutti abbiamo spinto Bolt sul fotofinish nel timore che perdesse, il giamaicano non ha trovato rivali in corsia sul mezzo giro. Avrebbe vinto, chissà, anche in ciabatte sul lungomare di Ipanema. Il terzo sigillo lo coglie in staffetta, con un'ultima frazione che, ustionando il giapponese nella sua ombra, gli ha permesso di sedere (a fianco? al centro?) con Paavo Nurmi e Carl Lewis a quota nove medaglie d'oro nella teatrale sacralità dei Cinque Cerchi. Grazie al pingue tesoro conquistato a Rio, la IAAF lo ha issato per la sesta volta in cima al mondo con il riconoscimento di atleta dell'anno, un altro record. Se sarà il tuo ultimo anno, Usain, che ti sia leggero come l'entusiasmo che hai regalato in tre Olimpiadi e in dieci anni di strapotere senza presunzione. Il pubblico brasiliano se l'è stretto sul cuore con una pubblica dichiarazione d'amore, "Uno di noi". Val bene anche per noi. Uno di noi. Uno di tutti.

AYANA, FREQUENZE CELESTI - Neanche il tempo di inchinarsi all'ingresso della Regina dello sport, che l'Olimpiade di Rio porta in dono il 10.000 donne più grande di sempre. La firma è del peso piuma etiope Almaz Ayana, al secondo 10 km in pista della carriera: un paio di mesi prima aveva infiammato l'Olimpico romano sfiorando il record del mondo sui 5000. Il display segna 29:17.45, quattordici secondi in meno del record mondiale di Wang Junxia, la cinese che nella dark side of the moon cinese del 1993 visse la sua settimana delle settimane. Dopo la gara di Rio, è un'altro pianeta. In quattro scendono sotto la mezz'ora, correre in 29:43 non sarebbe bastato per il podio. Alla Ayana la doppietta viene negata da Vivian Cheruiyot, la keniana che aveva smaltito meglio di lei le tossine dopo l'incredibile gara dei 10.000 (argento in 29:32.53), e deve accontentarsi della medaglia di bronzo.

A fine anno, il capolavoro della Ayana le è valso il posto a fianco di Usain Bolt come atleta dell'anno.

RETTILINEO DA SOGNO - Vigilia di Ferragosto senza precedenti: la serata brasiliana offre in meno di mezz’ora le finali dei 400 e dei 100 maschili, dove i palpiti del pubblico sono tutti per Bolt. Ci vuole qualcosa di mai visto prima per catturare il prime time. Ci pensa Wayde van Niekerk, che dopo lo strepitoso oro del Mondiale di Pechino porta la dimensione dei 400 al di là di "Dream Man" Michael Johnson. 43.03 dall'ottava corsia, un record del mondo figlio di un rettilineo mostruosamente bello, leggero e potente, impermeabile all'acido lattico. Come nel caso dei 10.000 della Ayana, i numeri certificano la gara vinta dal sudafricano come la più grande di sempre, con il terzo a 43.85, il quarto a 44.01 e l'ottavo a 44.61. Wayde van Niekerk, il talento allenato da una coach nel pieno fiorire della terza età, ha massacrato la "gara che uccide" e diventando, prima di Rio, l'unico uomo a aver corso le tre gare dell'arcobaleno della velocità sotto i 10 secondi, sotto i 20 e sotto i 44.

OLIMPIADI DA RECORD - Il terzo limite mondiale stabilito ai Giochi di Rio arriva dai tre giri di mazurka di Anitona Wlodarczyk. Il martello è telecomandato oltre gli 82 metri, prima volta nella storia, fino a 82,29. La sua dimensione è inavvicinabile: pochi minuti dopo il lancio-record va ancora oltre il vecchio limite con una sassata da 81,74! Il tempo di disfare le valigie e godere dei numerosi festeggiamenti in Polonia, che nel santuario di Varsavia firma a fuoco il sigillo dell'immortalità con una parabola mostruosa da 82,98, preceduta da un lancio-presagio di 81,77. Gli 83 metri sono due centimetri più in là, una beffa e uno stimolo per la lanciatrice di Rawicz. I dieci migliori lanci di sempre sono suoi.

UNBEATABLE FARAH - Se l'appetito di Usain Bolt era per il terzo pasto completo, quello di Mo Farah prevedeva il lauto pranzo di Rio dopo l'abbuffata del breakfast londinese. Con i due ori della scorsa estate, l'imbattibile british star ha eguagliato Lasse Viren, unico a collezionare due doppiette sull'asse 5000-10.000 metri alle Olimpiadi. Non gli è mancato il brivido, una caduta sui 10.000 metri. Non è mancato nemmeno il copione che Farah conosce a perfezione: primi chilometri in modalità diesel, ultimo mille in progressione, giro conclusivo da girogamba sconosciuta agli avversari. Dal 2011, attraverso tre Mondiali e due Olimpiadi, ha sempre vinto, tranne sui 10.000 coreani, per l'inezia di 26 centesimi di secondo. Prese le contromisure, il resto del mondo s'è fatto da parte.

HARRISON, ESALTAZIONE E LACRIME - Il primo record mondiale dell'anno in pista arriva nella Diamond League di Londra.

Lo firma Kendra Harrison con una sinfonia perfetta sui 100 metri ostacoli. Il 12.20 del display cancella di un centesimo il limite della bulgara Donkova stabilito nel 1988. Il mix di emozioni dell'atleta statunitense è da cuore grosso. Gioia, incredulità e disperazione nella stessa centrifuga. Due settimane prima, la clamorosa bocciatura ai Trials, secondo tracollo in pochi mesi dopo l'ultimo posto nella finale mondiale indoor di Portland. Sogno olimpico svanito, ma l'impresa-record le ha reso più leggero il dazio pesantissimo pagato a Eugene. Dopo il primato non ha più perso, sulla ruota di Losanna, Parigi e Zurigo.

JEBET, UN ABISSO - L'ora del quinto primato mondiale della stagione scocca nella Diamond League di Parigi a firma della piccola Ruth Jebet, keniana di nascita con passaporto del Bahrain. Appena dodici giorni dopo il trionfo di Rio, dove aveva mancato il record del mondo per meno di un secondo, la non ancora 20enne Jebet sottrae sei secondi al limite della russa Samitova-Galkina, diventando la prima extra-europea a detenere il mondiale dei 3000 siepi. Il preannuncio del formidabile record giunge con un chilometro di anticipo, grazie al passaggio-monstre di 5:54.16 ai 2000, altro "record" formato gigante. A Rio era transitata in 6:00.06, anche quello lo step più veloce della storia.

PER UN PUGNO DI SECONDI - Sei secondi nella maratona sono un fotogramma. Kenenisa Bekele manca l'oscar per il film "Marathon World Record" nei titoli di coda berlinesi, uno schermo gigante dove il primato mondiale è di casa. L'etiope che aveva vinto tutto in pista si riprende le luci della ribalta dopo essere stato escluso dal team olimpico. In 2h03:03 minaccia da vicino il primato di Kimetto (2h02:57), dopo una prima metà gara da fantascienza e proiezioni da 2h02. A Berlino Bekele aveva vinto gli ultimi ori mondiali su una bellissima pista blu. Lo stesso colore, quello del cielo terso di settembre, lo ha accompagnato nella cavalcata della prima domenica d'autunno. Nel cinefestival precedente, a Londra in piena primavera, anche Eliud Kipchoge aveva fatto tremare Kimetto, mancando il record di otto secondi (2h03:05). Ben altra soddisfazione per il keniano, lui che da junior batté proprio Bekele al mondiale di Parigi 2003. A Rio Kipchoge c'era. Sotto un cielo grigio ha regalato al suo Kenya il secondo titolo olimpico di maratona dopo quello di Samuel Wanjiru a Pechino 2008.

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Usain Bolt e Almaz Ayana (foto Colombo/FIDAL)


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