100 anni fa nasceva Beppone Tosi

25 Maggio 2016

Oggi è il centesimo anniversario della nascita del discobolo azzurro vicecampione olimpico a Londra nel 1948 e tre volte argento agli Europei. Una carriera intrecciata in mille duelli con lo storico rivale Adolfo Consolini.

di Giorgio Cimbrico

Le date sono importanti, possono dettare il destino: Giuseppe Tosi, per tutti Beppone, ligure di pura razza come Mario Lanzi, lo avrebbe definito Gianni Brera, nasce a Borgo Ticino 366 giorni dopo che “il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei fanti il 24 maggio”. Nel frattempo la guerra che doveva finire in pochi mesi è diventata una sterminata ferita aperta: Beppone si agita nella culla, non lo sa, ma gli austriaci hanno provato a sfondare in Trentino, Cadorna bene o male li ha fermati e ora prova a replicare sull’Isonzo, i tedeschi premono su Verdun destinata a diventare sacra alla Francia, ii britannici ingrassano la terra sulla Somme ricoprendola di papaveri rosso sangue.

Erano i mesi in cui era necessario resistere e Giuseppe, inconsapevolmente, assorbì quello spirito: a lui toccò resistere al timido albatros di Costermano. Quando Adolfo Consolini apriva le ali, era dura, ma Beppone ci provò. A volte non è agevole passare alla storia come l’eterno secondo. Lui ne fu capace perché quel sorriso era autentico, non nascondeva l’ombra amara – a volte maligna - della seccata rassegnazione. Beppe constatava di aver avuto in sorte l’avversario peggiore, capace di diventare primatista del mondo in gare fredde e di metter gli artigli su titoli importanti in gare calde. Lui, sempre dietro.

La gara olimpica e londinese è del 2 agosto 1948, sotto una pioggia sottile, la giornata che costringe (provocandogli un piacere panico) un giovane Brera a stendere un pezzo fluviale: occupa gran parte della prima della Gazzetta dello Sport e tracima all’interno come una chanson de geste. Prende la testa Beppone, il corazziere che ama il rosso, specie il Ghemme delle sue parti, risponde Adolfo spedendo il disco un metro esatto più in là, 52,78. All’ultimo turno la pedana è un cerchio di fango: la linea bianca che è confine tra il lancio valido e il nullo è quasi invisibile e la parabola disegnata dall’americano Fortune Gordien sembra dannatamente lunga. La bandierina rossa alzata da un giudice annulla l’attesa di una misurazione che non avverrà. Adolfo e Beppone festeggiano con un fiasco. Subito dopo, per una breve parentesi, metterà la testa davanti con un doppio record europeo, 54,78 e 54.80, prima che Adolfo si riprenda limite continentale e mondiale.

Prima e dopo, i duelli europei, a cominciare da Oslo 1946, la prima occasione in cui gli scampati tornano ad affrontarsi: Consolini 53,23, Tosi 50,39. Quattro anni dopo, all’Heysel di Bruxelles, le distanze si riducono: 53,75 a 52,31. L’irriducibilità di Beppone può essere misurata con la fettuccia all’ennesimo appuntamento continentale: al Wankdorf di Berna, nel 1954, Adolfo 53,44, Beppe 53,34. Dieci centimetri, il tentativo di assestare un ultimo colpo di coda. Non ne è capace per meno di un palmo ed è il suo ingresso finale in quella galleria di perdenti che provocano la simpatia e l’affetto sincero di scrittori, registi, entusiasti.

Sul ring Beppe se la sarebbe vista con Fernandel nel “Ritorno di don Camillo” e la sua figura inconfondibile, imponente e piena di bonomia anche quando indossava l’alta uniforme dei “guardiani” del Presidente della Repubblica, si ritaglierà spazi in film kolossal, giusto la sua taglia: “Quo Vadis” e “Ben Hur”. Adolfo, il suo grande rivale, era stato Maciste, ardito del popolo, in “Cronache di poveri amanti”. In bianco e nero a e colori, la sfida continuava.

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Giuseppe Tosi e Adolfo Consolini (archivio FIDAL)


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